Prima
c’era l’infernale tandem liberal-libertario incarnato da Daniel
Cohn-Bendit (politico tedesco attivo anche in Francia, nei Verdi, ndt) e
Alain Madelin (uomo politico, ex ministro, oggi nell’Ump, ndt). Oggi
c’è quello formato da Najat Vallaud-Belkacem (ministro dell’Educazione nazionale, ndt) e Emmanuel Macron
(ministro dell’Economia, ndt), con la particolarità di appartenere
l’uno e l’altro allo stesso governo. Alleanza contro natura?
“Alleanza perfettamente naturale, al
contrario, poiché il liberalismo sociale e quello economico derivano
entrambi dalla stessa concezione di un ‘uomo economico’ fondamentalmente
egoista il cui unico scopo è massimizzare razionalmente i propri utili,
vale a dire il proprio migliore interesse. Ciò che si chiama
l’assiomatica dell’interesse altro non è che la traduzione in termini
filosofici di questa disposizione naturale dell’essere umano
all’egoismo. Il liberalismo pone l’individuo e la sua libertà ritenuta
“naturale”, come le sole istanze normative della vita in società, vale a
dire che fa dell’individuo l’unica e sola fonte di valori e obiettivi
che si è scelto. La libertà liberale presuppone che le persone possono
mettere da parte le loro origini, il loro ambiente, il contesto nel
quale vivono e dove esercitano le loro scelte, vale a dire tutto ciò per
cui sono tali, e non altro. La vita sociale, quindi, non è più che una
questione di decisioni individuali, di negoziazioni procedurali, e di
scelte interessate. Storicamente parlando, il liberalismo economico
certamente il più delle volte si è espresso a ‘destra’, mentre il
liberalismo sociale si è situato a ‘sinistra’. E’ ciò che ha permesso a
una certa sinistra di presentare il capitalismo come un sistema
autoritario e patriarcale, mentre è tutto il contrario. Marx vedeva
giusto quando notava la natura intrinsecamente rivoluzionaria
dell’illimitatezza capitalistica, che equivale a negare ogni valore
tranne quello mercantile nell”nell’acqua gelida del calcolo egoistico’.
Così si spiega la vicinanza fra queste due forme di liberalismo. Per
espandere il mercato, il liberalismo economico non può che distruggere
tutte le forme tradizionali di esistenza, a partire dalla famiglia (che è
una delle ultime isole di resistenza al regno del solo valore di
mercato); viceversa, coloro che, fra gli eredi del Maggio ’68, volevano
‘proibire di proibire’ e ‘godere senza ostacoli’ (due slogan tipicamente
liberali) hanno finito per capire che è il capitalismo liberale che
poteva soddisfare meglio le loro aspirazioni’.
Da tempo si sa che se la sinistra ha
tradito il popolo la destra ha fatto lo stesso con la nazione. Per
conciliare le due cose nel culto del mercato. Qual è la realtà dietro
questo risultato?
“La nazione acquisì un senso politico al
tempo della Rivoluzione. Vale a dire che è nata a ‘sinistra’, prima di
passare ‘a destra’. Uno dei tratti maggiori dell’attuale panorama
politico è un divario che continua ad ampliarsi tra la sinistra e il
popolo. La ragione principale è che la ‘sinistra’, che s’era avvicinata
al movimento socialista e operaio nel periodo dell’affare Dreyfus, si è
ora unita alla società mercantile, ravvivando allo stesso tempo le sue
origini liberali (ideologia del progresso, religione dei diritti umani e
la filosofia dei Lumi). Come fatto notare Jean-Claude Michéa, non
sarebbe mai venuto in mente a Proudhon o a Sorel, e ancor meno a Karl
Marx, di definirsi come ‘uomini di sinistra’!”
Anche il lavoro è diventato un
mercato poiché si ragiona ormai in termini di “mercato del lavoro”. Ma
questo “mercato” funziona così bene come sostengono i suoi promotori
instancabili?
“Secondo la vulgata liberale, il mercato
è il luogo reale dove si scambiano le merci e l’entità virtuale dove si
formano in maniera ottimale le condizioni di scambio, vale a dire
l’adeguamento della domanda e dell’offerta e il livello dei prezzi. E’
quindi considerato autoregolatore e autoregolato, cioè funziona tanto
meglio in quanto non vi è alcun ostacolo al suo funzionamento
‘spontaneo’, il che implica che nulla ostacoli la libera circolazione di
persone e merci, e che le frontiere siano considerate inesistenti. Adam
Smith spiega molto bene quando scrive che il mercante non ha altra
patria che quella in cui fa il miglior profitto. L’idea generale, sullo
sfondo, è che lo scambio mercantile è la forma ‘naturale’ dello scambio.
Sorprendetevi, ecco perché il padronato vuole sempre più immigrazione!
Besancenot-Laurence Parisot, stessa battaglia! La forma di scambio
propria delle società tradizionali non è in realtà baratto (che non è
presente ovunque), ma la logica del dono e del controdono. Lungi
dall’essere ‘spontaneo’ nel senso moderno del termine, il mercato è
stato istituito dallo Stato, come l’ha ben dimostrato Karl Polanyi in La grande trasformazione.
L’idea di una concorrenza ‘pura e perfetta’, infine, è una visione di
fantasia: gli scambi commerciali non possono risparmiarsi di prendere in
considerazione i fenomeni del potere presenti in ogni società umana. Il
liberalismo si conclude dal momento in cui, di fronte alla teoria
liberale di un”armonia naturale degli interessi’, si riconosce
l’esistenza di un bene comune che ha la precedenza sugli interessi
particolari”.