Georges Sorèl è una di quelle figure che risultano difficilmente etichettabili, un pensatore che ha attraversato diverse fasi di sviluppo ideologico, in un percorso non privo di contraddizioni. Come inquadrare infatti un marxista che frequenta i circoli della destra monarchica anti-parlamentare, un uomo che esalta la rivoluzione sovietica di Lenin ed al tempo stesso ammira (ricambiato) Benito Mussolini?
D’altro canto, malgrado queste
ambivalenze, non si può negare che il principio di fondo che anima il
pensiero sorelliano resta fondamentalmente invariato: il primato
dell’azione e dello slancio rivoluzionario contro il dogmatismo
ingessato e incapacitante. Sorèl è un seguace di Marx a tutti gli
effetti: è un convinto sostenitore della lotta di classe e vede nel
proletariato quella forza e quell’energia necessaria sovvertimento
dell’ordine borghese stantio e moralista, tuttavia è al tempo stesso un
critico severo dei marxisti a lui contemporanei. Una larga parte del
marxismo credeva infatti nella rivoluzione come se questa fosse potuta
scaturire “naturalmente”, per così dire, dalle contraddizioni interne
del capitalismo. Non c’era bisogno di usare la forza per attuarla: il
progresso avrebbe fatto semplicemente il suo corso e la borghesia ceduto
il passo al proletariato.
E’ in questo contesto che prende luce nel
1908 una delle opere fondamentali del nascente sindacalismo
rivoluzionario, nonché l’opera più famosa e discussa di Georges Sorèl:
Rèflexions sur la violence, riflessioni sulla violenza. Al centro del
discorso di Sorèl vi è lo sciopero generale, intenso come vero e proprio
“mito sociale” che guidi le masse verso la rivoluzione. E’ importante
sottolineare il carattere propriamente mitologico che assume lo
sciopero, poiché esso non è il frutto del dogma o della riflessione
intellettuale di stampo razionalistico/illuministico, ma al contrario ha
come madre la volontà e come padre la forza della passione
rivoluzionaria. Non è un caso che nello stesso anno sarà pubblicata a
sua firma un’opera meno famosa, ma non per questo meno interessante: Les
illusions du progrès, le illusioni del progresso. In questo libro con
venature a tratti di stampo romantico, viene pesantemente criticata la
fede marxista nel positivismo e nella capacità della scienza di
risolvere tutti i problemi; la stessa cultura illuminista viene letta
come espressione tipica della classe borghese, di cui il marxismo è
rimasto vittima. La cieca fiducia nella legge di necessità tipica del
progressismo, ha condotto all’inoperatività e ad una vuota speranza.
Lo sciopero generale è invece un attacco
diretto all’ordine sociale, non dev’essere mediato da un partito, ma
piuttosto dal sindacato, strumento per eccellenza dell’azione
rivoluzionaria. Esso ha lo scopo di indurre la borghesia alla
repressione violenta, con l’unico risultato di attirare sempre maggior
consenso popolare verso le fila dei rivoluzionari, fino alla sovversione
finale della società capitalista e all’abolizione delle classi. La fede
nella profezia lascia il campo all’azione.
Sorèl è un autore scomodo, non ha certo
la statura intellettuale di altri pensatori del suo tempo, ma non può
essere un caso che venisse letto da personaggi quali il già citato
Mussolini o lo stesso Antonio Gramsci. La sua importanza storica è
quindi di natura principalmente indiretta, in quanto essa ha influenzato
il pensiero di personaggi ben più ricordati, rispetto alla sensibilità
di quelle masse cui aspirava Georges Sorèl. Al giorno d’oggi l’ideologia
di Sorèl appare del tutto antiquata e sorpassata dai cambiamenti
sociali: eppure la crisi economica che stiamo attraversando mette in
evidenza l’allargamento della forbice tra il benessere e la povertà che
crea spaccature interne al popolo ed abissali contraddizioni in seno
alla società. Forse in questo contesto lo sciopero, da intendersi in
senso sorelliano e non come il teatrino di piccoli interessi di cui
siamo spettatori al giorno d’oggi, tornerà a ricoprire un ruolo come
strumento di lotta politica. Noi di certo non ci auguriamo l’abolizione
delle classi né la dittatura del proletariato, ciononostante non siamo
insensibili alla carica rivoluzionaria, intesa come portatrice di
cambiamenti radicali, di testimoni del passato come Georges Sorèl.