mercoledì 19 novembre 2014

Serve uno sciopero generale. Ma di quelli veri. (Parola di Georges Sorel)

di Daniele Frisio

Georges Sorèl è una di quelle figure che risultano difficilmente etichettabili, un pensatore che ha attraversato diverse fasi di sviluppo ideologico, in un percorso non privo di contraddizioni. Come inquadrare infatti un marxista che frequenta i circoli della destra monarchica anti-parlamentare, un uomo che esalta la rivoluzione sovietica di Lenin ed al tempo stesso ammira (ricambiato) Benito Mussolini?

 
D’altro canto, malgrado queste ambivalenze, non si può negare che il principio di fondo che anima il pensiero sorelliano resta fondamentalmente invariato: il primato dell’azione e dello slancio rivoluzionario contro il dogmatismo ingessato e incapacitante. Sorèl è un seguace di Marx a tutti gli effetti: è un convinto sostenitore della lotta di classe e vede nel proletariato quella forza e quell’energia necessaria sovvertimento dell’ordine borghese stantio e moralista, tuttavia è al tempo stesso un critico severo dei marxisti a lui contemporanei. Una larga parte del marxismo credeva infatti nella rivoluzione come se questa fosse potuta scaturire “naturalmente”, per così dire, dalle contraddizioni interne del capitalismo. Non c’era bisogno di usare la forza per attuarla: il progresso avrebbe fatto semplicemente il suo corso e la borghesia ceduto il passo al proletariato.


E’ in questo contesto che prende luce nel 1908 una delle opere fondamentali del nascente sindacalismo rivoluzionario, nonché l’opera più famosa e discussa di Georges Sorèl: Rèflexions sur la violence, riflessioni sulla violenza. Al centro del discorso di Sorèl vi è lo sciopero generale, intenso come vero e proprio “mito sociale” che guidi le masse verso la rivoluzione. E’ importante sottolineare il carattere propriamente mitologico che assume lo sciopero, poiché esso non è il frutto del dogma o della riflessione intellettuale di stampo razionalistico/illuministico, ma al contrario ha come madre la volontà e come padre la forza della passione rivoluzionaria. Non è un caso che nello stesso anno sarà pubblicata a sua firma un’opera meno famosa, ma non per questo meno interessante: Les illusions du progrès, le illusioni del progresso. In questo libro con venature a tratti di stampo romantico, viene pesantemente criticata la fede marxista nel positivismo e nella capacità della scienza di risolvere tutti i problemi; la stessa cultura illuminista viene letta come espressione tipica della classe borghese, di cui il marxismo è rimasto vittima. La cieca fiducia nella legge di necessità tipica del progressismo, ha condotto all’inoperatività e ad una vuota speranza.


Lo sciopero generale è invece un attacco diretto all’ordine sociale, non dev’essere mediato da un partito, ma piuttosto dal sindacato, strumento per eccellenza dell’azione rivoluzionaria. Esso ha lo scopo di indurre la borghesia alla repressione violenta, con l’unico risultato di attirare sempre maggior consenso popolare verso le fila dei rivoluzionari, fino alla sovversione finale della società capitalista e all’abolizione delle classi. La fede nella profezia lascia il campo all’azione.


Sorèl è un autore scomodo, non ha certo la statura intellettuale di altri pensatori del suo tempo, ma non può essere un caso che venisse letto da personaggi quali il già citato Mussolini o lo stesso Antonio Gramsci. La sua importanza storica è quindi di natura principalmente indiretta, in quanto essa ha influenzato il pensiero di personaggi ben più ricordati, rispetto alla sensibilità di quelle masse cui aspirava Georges Sorèl. Al giorno d’oggi l’ideologia di Sorèl appare del tutto antiquata e sorpassata dai cambiamenti sociali: eppure la crisi economica che stiamo attraversando mette in evidenza l’allargamento della forbice tra il benessere e la povertà che crea spaccature interne al popolo ed abissali contraddizioni in seno alla società. Forse in questo contesto lo sciopero, da intendersi in senso sorelliano e non come il teatrino di piccoli interessi di cui siamo spettatori al giorno d’oggi, tornerà a ricoprire un ruolo come strumento di lotta politica. Noi di certo non ci auguriamo l’abolizione delle classi né la dittatura del proletariato, ciononostante non siamo insensibili alla carica rivoluzionaria, intesa come portatrice di cambiamenti radicali, di testimoni del passato come Georges Sorèl.