lunedì 10 settembre 2012

Siria. Ecco l'identikit dei ribelli.


Il racconto chRobert Fisk, corrispondentdel “ThIndipendent“, fa dei ribelli siriani corrisponddavvero poco al quadro romantico chnoffrono al contrario i quotidiani occidentali. Fisk racconta del suo contatto con i ribelli detenuti presso una prigionmilitarsiriana, e lo fa senza nascondernulla, da vero cronista di guerra. 

Si tratta spesso e volentieri di uomini chnon sono siriani ma sono arrivati in Siria per rovesciaril regimdi Assad. Fisk racconta di un franco-algerino sulla quarantina, barbuto, di un turco chgli ha detto di esserstato addestrato in un campo talebano tra AghanistanPakistan, e anchdi un siriano chè stato arrestato per aver aiutato dueattentatori suicidi a farsi saltarin aria nel centro di Damasco. Non sono propriamenteroi, bensì uomini con lloro storie, chhanno pagato in prima persona il loro attivismo con la carcerazionlsevizisubitin carcere. A conferma di coloro chtemevano infiltrazioni islamistnell’opposizionsiriana i ribelli incontrati da Fisk gli hanno raccontato di esserstati reclutati da predicatori islamisti radicali. Uno, appena 26enne, ha raccontato a Fisk di aver accettato l’aiuto di uno sheikh chlo ha avvicinato all’islamismo radicalesalafita, e di esserpoi stato quasi obbligato a prenderpartalledimostrazioncontro Assad: “Il venerdì alla findella preghiera uno di noi si alzava e cominciava a denunciarlingiustiziil regimdi oppressione” . Inizialmental giovanvennsolo chiesto di aiutari ribelli offrendo assistenza medica e logistica, ma ben presto alcuni salafiti cominciarono a frequentarla sua casa e lo obbligarono a prestar“una sorta di giuramento riconoscendo chlui era il mio capo e chgli doveva ubbidienza seguendo la jihadsenza fardomande”. “Portava spesso degli sconosciuti a casa mia. Il 10 apriluno di questi mi chiesdi andarcon lui in auto. Mi portò in un posto dovc’erano una decina di uomini e molto esplosivo. C’erano un palestinesun giordano chdovevano compierun attentato suicida etriracheni. Non mi dissero qualera l’obiettivo, ma non appena feci ritorno a casa sentii una prima esplosionseguita poco dopo da un’altra esplosionemolto più forte. Quella sera in televisionvidi cherano morti moltissimi poveri innocenti e stetti male” ha spiegato a Fisk. Pochi giorni dopo gli agenti del Mukhabarat, i servizi segreti di Damasco, lo arrestarono: “Dissi agli agenti chero contento di esserstato arrestato perché non volevo più averenienta chfarcon quella gentnon volevo essercomplicdi quellbarbarie. Ora voglio scriverun libro per far conoscerla mia storia. Ma finora non mi hanno dato né la carta né la penna”. Ma non è l’unica storia raccontata da Fisk; c’è anchquella di un 48enne,ex militardell’esercito francescon famiglia a Marsiglia. L’uomo ha raccontato del suo desiderio di unirsi alla jihad incoraggiato dai servizi trasmessi da Al-Jazeera sullesofferenzdei musulmani in Siria. Nato a Blida ed emigrato in Francia dove, pur parlando il francesalla perfezione, aveva trovato solo lavori saltuari, “alla findopo moltesitazioni decisi di andarin Turchia per aiutari rifugiati siriani”. Si riteneva un salafita moderato, anchsproprio nei campi profughi conobbuno sheikh libico e un imam yemenita chlo avviarono alla Jihad vera e propria. Dalì il suo ingresso in Siria armato e lsuazioni sul campo con attacchi ai posti di blocco dell’esercito. “Dopo qualchsettimana capii chela jihad in Siria non era roba per mdecisi di tornarin Turchia per poi raggiungerla Francia”, ha raccontato, ma dopo esserstato catturato da alcuni cittadini lo consegnarono allautorità a Damasco. Infineanchuna testimonianza di un imam siriano, talSheikh Ahmed Galibo,chha raccontato a Fisk dei suoi incontri con quattro diversi gruppi militanti cheavevano obiettivi nazionalisti e religiosi diversi e di comaveva tentato di unirli scoprendo però cherano ladri, assassini e stupratori e non jihadisti. “Chi non la pensava comloro veniva assassinato, decapitato e gettato nellefogne. Personalmentho assistito a settomicidi”.