di Lucio Caracciolo, tratto da "Limes, rivista italiana di geopolitica"
Qualsiasi dibattito presidenziale sulla politica estera è in realtà una disputa sul sogno americano.
Più che esaminare questa o quella area di crisi e le relative politiche statunitensi, ai due competitori interessava l'altra sera convincere i rispettivi uditori che l'America è sempre l'America.
Non solo il numero 1 al mondo, ma anche il faro cui l'umanità continua a guardare con ammirazione.
Prevedibilmente, Obama ha vinto il duello con Romney. Avvantaggiato dalla sua posizione e dalla sua esperienza in campo internazionale, oltre che dall'inclinazione alla gaffe del rivale repubblicano. Alla fine, era difficile distinguere su quali materie di politica estera i due avessero davvero approcci differenti.
Il giudizio degli elettori si sarà probabilmente formato soprattutto in base a questa o quella battuta azzeccata. Come quando il presidente in carica, di fronte al rilievo non troppo originale di Romney sulla decadenza della flotta Usa, ha didascalicamente spiegato che non siamo più ai tempi delle cannoniere.
Il dibattito si trasferisce ora, nella sua fase decisiva, sui temi economici. Gli ultimi dati, relativamente positivi, specie riguardo all'occupazione, potrebbero offrire qualche arma in più a Obama per restare alla Casa Bianca. In ogni caso sarà un voto molto serrato e molto polarizzato.
Essendo l'elezione del presidente degli Stati Uniti di tipo confederale, ossia 50 elezioni diverse in 50 Stati, potrebbe anche darsi la vittoria di un candidato che abbia preso meno voti dell'altro. I sondaggi vanno quindi presi con le molle.
Gli unici su cui concentrarsi in questo ultimo rush di campagna elettorale sono quelli relativi agli swing States, Florida e Ohio in testa. Fino a un paio di mesi fa sembrava che dovessero cadere come pere mature nel cesto del presidente, ora non è così scontato.
In ogni caso la vittoria di Obama o di Romney non sarà indifferente per la collocazione dell'America del mondo. Valga solo l'esempio della crisi Israele-Iran, su cui Romney sembra sposare totalmente le tesi di Gerusalemme.
Almeno sappiamo per chi tifa Netanyahu.