In questi giorni
è tornato sulle prime pagine di quotidiani e telegiornali, con il consueto
carattere ciclico, il tema della guerra civile che si combatte in Siria fin dal
marzo 2011. Giornalisti, inviati, reporter e opinionisti non esitano nel
dipingere i guerriglieri siriani come degli eroi, che reagiscono ad un regime
brutale e intollerante nel nome di uno stile di vita democratico all’ occidentale:
ovviamente la gente che legge o ascolta queste notizie alimenta la figura
mitizzata di questi fantomatici ribelli, puri e immacolati , spinti a
combattere per la libertà del loro Paese. Ma cosa sta succedendo, in realtà, in
Siria?
Come sempre, l’informazione che arriva al grande pubblico, filtrata ed “arrangiata” dai mass-media, è solo la punta dell’iceberg: la storia è ben più profonda e complessa, per non dire singolare.
Forse in molti non ragionano su un fatto tanto banale quanto sconvolgente: questi fatidici combattenti, nonostante bombardamenti e attacchi da parte dell’esercito siriano di Assad, riescono ancora a porre una strenua resistenza, nonostante vengano rappresentati come modesti guerrieri abbandonati a se stessi. Che ci sia qualcosa, o qualcuno, sotto questa maschera? Naturalmente sì, e il dito va puntato ancora una volta, inesorabilmente, agli importatori di democrazia per eccellenza: gli Stati Uniti. Anche in questo caso, come nelle vicende della famigerata “Primavera araba” dello scorso anno, Obama e i suoi si ritrovano a combattere il socialismo arabo siriano in nome “della democrazia”, che in realtà si rivela la solita mera questione di interessi economico-politici. Tutto parte del solito copione della politica imperialista stile USA: fornitura di armi, appoggio sottobanco, senza mai realmente apparire o metterci la faccia, ché altrimenti i bravi ed onesti cittadini rimarrebbero sconvolti da come il governo americano cerchi di stringere nelle sue spire l’intera realtà geopolitica, sovrastando centinaia governi nazionali legittimati dal sostegno del proprio popolo.
Ad ogni modo questo non vuole essere tanto un altro attacco agli Stati Uniti, quanto una valutazione oggettiva ed obiettiva del regime di Assad, ormai visto dall’immaginario come un vero e proprio demonio. In realtà ciò che molti ignorano è che il governo siriano rappresenta ormai l’ultimo baluardo del socialismo arabo, nato nei primi anni del secolo scorso ed emblematica rappresentazione di quel socialismo che incontra la nazione: una società nata dalla lotta per l’indipendenza dal dominio prima turco, poi inglese e francese; uno stato laico ma rispettoso della tradizione islamica, proprio come nell’ideale palestinese. Un idea araba di governo che, in tempo di guerra, non ha esitato nel riconoscere nell’ Europa nazionalista il proprio alleato e fonte di ispirazione (proprio a Mussolini venne donata