mercoledì 6 marzo 2013

Scompare Hugo Chavez, l’ultimo dei caudillos e alleato della Russia

Hugo Chávez hugs national flag while celebrating re-election in October

È morto di cancro alle 16.25 (ora locale di Caracas) del 5 marzo 2013 uno dei leader più discussi e controversi della scena politica internazionale: il presidente venezuelano Hugo Chavez, dal 1999 a capo del Paese.

 Chavez è deceduto all’età di 58 anni nell’ospedale militare della capitale, Caracas, dove era stato ricoverato, a metà febbraio 2013, dopo due mesi di terapia a Cuba. Lo ha annunciato alla tv nazionale il vice presidente Nicolás Maduro. Secondo quanto previsto dalla Costituzione, le elezioni presidenziali di terranno nell’arco dei prossimo 30 giorni.
Aveva annunciato pubblicamente la propria malattia nel luglio del 2011, quando, secondo il medico curante, il dottor Salvador Navarrete, al presidente restavano ancora due anni di vita. Nell’ottobre del 2012, aveva vinto per la quarta volta di fila le elezioni presidenziali, ma a causa del suo stato di salute, la cerimonia di insediamento era stata rimandata e con essa l’idea di costruire in Venezuela un “Socialismo del XXI secolo”.
Chavez passerà alla storia per il suo ambizioso tentativo di creare in America Latina una potente coalizione antimperialista. Sfidò il principale partner commerciale del Venezuela, ovvero gli Stati Uniti, nazionalizzando le imprese petrolifere Exxon Mobil, ConocoPhillips, Chevron, e, a seguire, le banche, le miniere d’oro, le centrali elettriche e così via. Chavez descrisse il presidente americano Barack Obama come un clown e definì il suo predecessore, George W. Bush, il diavolo.
Il presidente pro tempore del Venezuela, Nicolás Maduro, 50 anni, che Chavez nominò come suo successore prima di recarsi a L’Avana per le cure, è ritenuto essere ancora più anti-americano di lui e quasi sicuramente darà seguito alla sua linea. Nel caso di una sua vincita alle elezioni presidenziali anticipate, Mosca potrà contare su un mantenimento di buone relazioni con Caracas.
Maduro, un convinto sostenitore di Chavez dai primi anni ’90, è passato dall’essere autista di autobus e sindacalista dei lavoratori della metropolitana a ministro degli Esteri e vice presidente del suo Paese.
La carriera politica di Chavez stesso iniziò con un tentativo fallito di colpo di Stato militare nel 1992, causato dal malcontento generale nei confronti delle politiche economiche attuate dal governo venezuelano di allora. Dopo aver scontato due anni in carcere, il colonnello Chavez fondò il movimento socialdemocratico “Quinta Repubblica”. Quattro anni più tardi, vinse per la prima volta le elezioni presidenziali.
Nel 2002, Chavez sopravvisse a un tentativo di colpo di Stato, e nel 2004 a un referendum che mirava a destituirlo dal suo incarico. Nel 2005, il presidente venezuelano annunciò la sua idea di costruire un “Socialismo del XXI secolo” in Venezuela.
Nella metà degli anni 2000, Chavez diede inizio alla formazione di un fronte antimperialista, proclamando la creazione di un “asse del bene”, con i suoi più stretti alleati: Cuba e Bolivia. Fu allora che Caracas e Mosca iniziarono a riavvicinarsi, in particolare nel settore tecnico-militare. Questo processo subì un accelerazione nel 2006, quando gli Stati Uniti si rifiutarono di fornire armi e parti di ricambio al Venezuela.
“Il Venezuela ha aperto le porte dell’America Latina alla Russia attraverso l’acquisto su larga scala di armi russe e mediante l’inclusione di imprese russe nell’estrazione di petrolio e gas e in vari altri progetti”, dichiara il vice direttore dell’Istituto per l’America Latina dell’Accademia russa delle Scienze, Vladimir Sudarev.
Tra il 2005 e il 2007, Caracas acquistò 24 caccia Su-30 MK2, più di 50 elicotteri Mi-17V, Mi-35M, Mi-26T, 12 sistemi missilistici antiaerei Tor-M1 e 100 mila fucili Kalashnikov. L’importo totale degli ordini del Venezuela, all’inizio del 2012, si stimava sui 6-7 miliardi di dollari (escluso il prestito di 4 miliardi di dollari garantiti da Caracas per lo sviluppo della cooperazione tecnico-militare).
“Per quanto riguarda il settore tecnico-militare, abbiamo già raggiunto il tetto massimo -, ritiene Sudarev. – Il Venezuela non ha più bisogno di armi. E la Russia non dovrebbe più essere così interessata a questo settore, per non essere accusata poi di voler incoraggiare, in America Latina, la corsa agli armamenti”.
Un’altra importante sfera di cooperazione con la Russia è il settore energetico. Nel 2010, la società petrolifera statale venezuelana PDVSA e il Consorzio petrolifero nazionale, formato da cinque grandi imprese petrolifere russe, firmarono un contratto per lo sviluppo del blocco Junin-6, situato nel bacino dell’Orinoco, nella zona più ricca al mondo di giacimenti di petrolio e bitume. L’estrazione di petrolio è iniziata nel settembre 2012.
Rosneft prevede di avviare nel giro di due anni il giacimento Carabobo-2, nella stessa zona. Le estrazioni di ciascun giacimento raggiungeranno i 450 mila barili al giorno. Inter Rao ha annunciato di voler costruire una centrale termica in Venezuela a base di coke di petrolio con una potenza pari a 300 MW. “Fu proprio Chavez a prendere queste importanti decisioni e a creare un clima favorevole per le imprese russe di questo settore”, afferma Vladimir Sudarev.
Con la scomparsa di Chavez, nell’arco di 30 giorni il Paese dovrà ora convocare elezioni presidenziali anticipate. Secondo Vladimir Sudarev al momento attuale la vittoria più probabile è quella di Nicolás Maduro.
“L’opposizione, nonostante, nel mese di ottobre 2012, abbia, in un certo senso, mostrato i propri muscoli – alle elezioni Capriles si aggiudicò circa il 45 per cento contro il 54,5 per cento dei voti per Chavez – è attualmente frammentata, non ha un unico candidato, mentre i sostenitori di Chávez controllano completamente i sistemi di informazione”, osserva l’esperto.
Il peggioramento della situazione economica potrebbe giocare a favore dell’opposizione. Alla fine del 2012, l’inflazione raggiungeva il 21 per cento. Si tratta della settima cifra più alta del mondo dopo Bielorussia, Siria, Sudan, Argentina, Iran ed Etiopia. Ai primi di febbraio 2013, il governo venezuelano ha svalutato il bolivar del 32 per cento, da 4,3 a 6,3 per un dollaro statunitense.
“Ciò colpisce soprattutto le tasche delle fasce inferiori della società, la base sociale di Chavez”, dichiara Sudarev.
Se l’opposizione sale al potere, potrebbe scomparire il clima politico favorevole per le imprese russe, creato in gran parte dagli sforzi di Chavez. “Ma questo non vuole assolutamente dire che tutti i contratti verranno stracciati e che le nostre imprese verranno espulse dal Venezuela, giacché rispettano il diritto internazionale -, ha continuato Sudarev. – Forse alcuni contratti saranno congelati, ma dubito che il Venezuela chiuderà i ponti con la Russia, perché non è quello che vuole l’opposizione”.
Fonte: RussiaOggi