Mentre nelle scuole e nei centri di formazione culturale di
regime dilagano le assurde storielle dell’ideologia gender, oppure i vuoti
racconti di società multietniche, multiculturali e multirazziste, la vera
gioventù europea ascolta la voce dei
propri avi, attraverso i miti atavici tramandati di generazione in generazione,
per comprendere ciò che realmente è l’Europa.
Pochi sanno infatti, che il nostro continente deve il
proprio nome alla bellissima figlia del Re Agenore, la quale fu rapita da Zeus
che la portò a Creta dove ella si innamorò e generò la prole del re degli Dèi.
Da allora, secondo il mito, le terre a nord di Creta
iniziarono ad essere chiamate Europa.
Gli Europei non sono solo legati dall’euro, dalla BCE, dalle
assurde decisioni dei palazzi di vetro e tutte le altre invenzioni neoliberiste
atte a distruggere le identità dei popoli, come vogliono invece farci credere i
burocrati di Bruxelles, ma essenzialmente essi sono vincolati da un patto di
sangue e da una medesima radice culturale: dalle sponde del Mar Mediterraneo ai
fiordi della Scandinavia vivono i popoli europei.
La parola “Europa” è in bocca a tutti, senza però che
nessuno di questi ne conosca le radici
più profonde, le quali risalgono alla colonizzazione da parte dei popoli indoeuropei
dei territori del continente, avvenuta millenni orsono. Questi popoli, secondo
gli studi di linguistica comparativa (si vedano in particolare quelli di
Dumézil), parlavano una stessa lingua la quale, attraverso la dispersione di
queste genti, avrebbe generato gli odierni linguaggi europei. Queste
popolazioni indoeuropee condividevano la concezione tripartita della società,
ossia la suddivisione del potere in tre categorie: la casta sacerdotale dedita
alle funzioni spirituali, quella guerriera che aveva il compito di difendere il
popolo, e quella produttrice, dedita ai bisogni materiali della società. Ma
l’idea politica di un’unità europea nasce solo alcuni secoli dopo la caduta
dell’Impero Romano perché ancora per il mondo greco-romano, gli europei non
erano considerati una sola civiltà, essi altro non erano popoli che, pur con
caratteristiche comuni, abitavano le regioni che si estendevano dal mediteranno
sino alle sconosciute e fredde regioni iperboree. L’Impero Romano, comunque, rappresentò la prima parziale forma d’unità
europea, seppur deficitario di alcune regioni quali Germania, Scozia e
Scandinavia. All’interno dei confini imperiali, e soprattutto nell’ultimo
periodo di storia romana in cui i germani iniziarono a far parte dell’esercito
e ad ottenere la cittadinanza, si assistette alla convivenza e alla
collaborazione di diversi popoli europei sotto la legge di Roma e la cultura
greco-romana, a cui si aggiunse quella germanica.
Solo in occasione di un fatto di guerra, per la prima si
nominano gli Europei concependoli modernamente come un’unità di popoli; scrive
infatti il monaco Isidoro Pacensis in riferimento alla battaglia di Poitiers “Prospiciunt
Europenses Arabum tentoria, nescientes cuncta esse pervacua” (Gli europei
osservano le tende degli arabi, non sapendo che erano tutte vuote). Si passa
dunque da una concezione meramente geografica, quella greco-romana, ad una idea
più politica ed organica delle genti europee, che, unite sotto l’egida di Carlo
Martello, si apprestavano ad affrontare il nemico saraceno. Nel medioevo,
infatti, si tenta di ridare una forma imperiale all’Europa, recuperando quella
che già era stata romana, ma trasferendola su un piano prettamente
continentale: nasce quindi il Sacro Romano Impero, che da Carlo Magno sino a Francesco
II vivrà per mille anni. Anche quando l’idea di dare una forma imperiale
all’Europa sembrerà essere tramontata definitivamente con l’affermarsi degli
stati nazionali, molti cercheranno tuttavia di ricostruire un Impero
europeo, da Napoleone fino al Terzo Reich.
La Storia d’Europa ha visto più volte lo scontro tra le
popolazioni indoeuropee che nonostante l’evidente somiglianza etnica e
culturale, erano perennemente in lotta: dagli scontri tra tribù sino alla
seconda guerra mondiale, milioni di figli d’Europa hanno versato sangue e
sudore onorando il vero spirito europeo: lo spirito guerriero. Lo spirito
guerriero si vive nella lotta, nell’assolutizzazione dell’individuo nella
battaglia, che lo trasporta in una dimensione eroica, ossia la valorizzazione
stessa della vita che trova nello scontro la dignità ed il senso
dell’esistenza.
Oggi l’uomo europeo si trova di fronte al baratro, oltre il
quale c’è la completa distruzione di quell’Europa nata dal rapimento della
bellissima figlia del re Agenore e l’annientamento della propria identità. Egli
però non si presenta da solo alla sfida mortale per la propria sopravvivenza,
infatti se si voltasse per un attimo e
guardasse la propria storia potrebbe sentire in sé l’eroismo dei
trecento spartani di Leonida, o la forza delle legioni romane e dei guerrieri
germanici che insieme sconfissero ai Campi Catalaunici il nemico extra europeo.
In sostanza, per difendere l’identità europea nella
battaglia per la propria sopravvivenza gli europei, se vogliono rimanere tali e
non trasformarsi in vuoti atomi, devono ritrovare la propria essenza
spirituale, quella eroicità che li ha contraddistinti da sempre, che ha
permesso loro di ridere in faccia alla morte e di abbandonare questo mondo col
sorriso sulle labbra, mentre venivano trasportati dalle Valchirie nella patria
degli Dèi e degli Eroi.