(Di Sebastiano
Caputo – da “L’intellettuale dissidente”)
Nel terzo
millennio riemerge dunque quel conflitto weberiano tra burocrati e partiti di
massa, tra funzionario e capo carismatico, tra tecnicismo e populismo.
All’agire politico finalizzato ad una causa etica si contrappone
l’atteggiamento “sine ira et studio (“senza animosità e simpatia”) del freddo
calcolatore. Non è un caso infatti che in Europa, ed in particolare in Italia,
da una parte si sono susseguiti ai vertici delle istituzioni “tecnici” (Mario
Monti), “saggi” (dieci esperti nominati da Napolitano a marzo del 2013) o
“burocrati travestiti da politici” (Enrico Letta e Matteo Renzi), dall’altra
sono state demonizzate tutte le forze populiste, carismatiche e profondamente
politiche. La politica si è così svuotata del suo carattere “magico” e “plebiscitario”
– da arte è divenuta una scienza – per trasformarsi in un sistema privatistico
nel quale le personalità (o la leadership) non sono “selezionate nel corso
della lotta politica” (Weber) ma premiate per la loro sottomissione o
organicità al sistema. Ecco che la politica è una corsa di cavalli dove i suoi
candidati, in determinati contesti storici e a seconda delle congiunture,
vengono sostenuti dall’alto da una serie di minoranze attive e organizzate (o
gruppi di pressione) che in questo o in quel soggetto politico ne identificano
le potenzialità per portare avanti i propri interessi.


Salvini
sembrerebbe soltanto la punta di un iceberg. È questo l’aspetto più
interessante del manoscritto. Se Pietrangelo Buttafuoco spiega nella prefazione
che il miglior alleato di Salvini è “la realtà” (gli “smoderati”, i
“popolareschi”, gli “scamiciati”, gli “esclusi da ogni cerchia di potere”),
Rapisarda racconta invece “quelle realtà” che animano questo movimento
trasversale e, per certi aspetti, innovativo. “Salvini – dice Ugo Maria
Tassinari intervistato da Rapisarda – ha un network, sia di organizzazione
culturale sia di strutture informative – social network, web 2.0, comunicazione
multimediale e cross mediatica-, fatto da trentenni che non hanno mai fatto
politica o l’hanno fatta in maniera estremamente marginale e che però hanno
fatto o pressione o attività culturale o attività informativa”. Antonio
Rapisarda, come un investigatore, è andato a scoperchiare questo network e lo
ha raccontato nel corpo centrale del suo lavoro. Emergono una serie di think
tank diversi e slegati fra loro, alcuni più politicizzati altri meno, che
con lo strumento della metapolitica fanno alta politica: Il Talebano,
Barbadillo, Terra Insubre, Associazione Lombardia Russia, Il Primato Nazionale,
i No Euro, noi. E se popolo ed élite si scontrano nella nuova Italia,
popolo ed élite sembrano incontrarsi nel salvinismo narrato da Antonio
Rapisarda. Tra le righe del libro emerge questo monito: sta a
Matteo Salvini scegliere con quali minoranze attive (o gruppi di pressione)
stare. Se con gli alti o con i bassi.