venerdì 8 maggio 2015

Non chiamatela informazione!

(Di Antonio Martino – da “L’intellettuale dissidente”)
La manipolazione del passato e del presente, la distorsione dei fatti ad uso e consumo della nuova classe dirigente, è un classico degno d’ogni regime politico, dalla Grecia Antica in avanti. Moralmente inaccettabile, è comunque capibile se adoperata da un sistema totalitario, dittatoriale, antidemocratico: in quel caso, chi si oppone a tale processo viene eliminato e messo a tacere, dunque non esiste alternativa di scelta, se non per pochi Uomini.

Come giudicare, invece, chi, in una democrazia formale come l’Italia del 2015, sceglie di schierarsi dalla parte della menzogna, dell’immoralità, del degrado, fabbricando giorno dopo giorno un’enorme, puzzolente, montagna di fandonie? Si badi bene che questo acclìvio è stato accresciuto dal sudore delle migliori menti dell’informazione, dalle brillanti menti dei baroni universitari, dai grandi nomi dei giornaloni, dai giornalisti ufficiali delle televisioni, dai salotti bene dell’alta borghesia. In nome di una moda, più che di un’ideologia, hanno costantemente faticato per instillare nel corpo fradicio della Nazione la verità, novelli impiegati dell’omonimo Ministero Orwelliano. Ci si ritrova così ad avere, in pieno XXI secolo, uno scenario miserevole, in cui i fatti cozzano con i racconti, i dati con la realtà.
Dal 2011 in avanti, a seguito del vergognoso golpe finanziario, abbiamo visto di tutto: numi del giornalismo italiano che, in ricordo d’idee già tradite allora, chiedevano a gran voce regimi d’occupazione (ora detti troika) per lo sciatto, lazzarone popolo italiano; direttori di quotidiani nazionali che, insultando la scienza economica, prospettavano scenari apocalittici in seguito all’uscita dall’Euro, senza additare un dato, uno studio alcuno; grandi intellettuali arruolati in servizio permanente per decantare in faccia all’idiota mediterraneo la splendida serietà, la teutonica efficienza degli Stati del Nord; un giornale fondato da Antonio Gramsci che esulta per l’instaurazione di un governo al soldo dei mercati finanziari, e via discorrendo per un’innumerevole serie d’esempi. Molti sono i fattori che ricorrono in questa tragica sciarada di quaqquaraqqua e ominicchi: l’evidente fastidio provocato dalla parolina società, l’odio per la democrazia di massa, un perbenismo idiota e violento, una pretesa superiorità culturale unita all’inevitabile, onnipresente richiamo all’Europa intesa come UE, al sogno europeo, all’europeismo più manicheo. Non è un caso. Un programma antidemocratico, «al riparo dal processo elettorale» citando il mai banale Mario Monti, quale è l’attuale configurazione tecnocratica della comunità e della zona Euro ha per forza di cose bisogno d’una corte di servi, che indorino la pillola alle masse ignoranti e sordide. I nuovi collaborazionisti, i Quisling, i Pétain tricolori, sono numerosissimi, trasversali a ogni fantozziano schieramento politico: sono quelli che approvano le inutili riforme, l’immigrazione incontrollata, la svendita dei patrimoni pubblici, la distruzione dello Stato sociale, perché hanno accettato l’arduo compito indicatogli loro da un altro emerito figuro, Tommaso Padoa Schioppa.
«Nell’Europa continentale, un programma completo di riforme strutturali deve oggi spaziare nei campi delle pensioni, della sanità, del mercato del lavoro, della scuola e in altri ancora. Ma dev’ essere guidato da un unico principio: attenuare quel diaframma di protezioni che nel corso del Ventesimo secolo hanno progressivamente allontanato l’individuo dal contatto diretto con la durezza del vivere, con i rovesci della fortuna, con la sanzione o il premio ai suoi difetti o qualità».

Non interessa, a costoro, che il loro sogno cammini letteralmente sui cadaveri d’un continente dilaniato, che il loro racconto fattuale cozzi ogni minuto con l’interminabile lista di tragedie sociali che attanagliano i disgraziati paesi dell’Euro. Al di là di hahstag, ladylike, Renzi, Boldrini, Italicum e #buonascuola, è bene che si sappia questo: la grande informazione italiana ha deciso di servire gli interessi di una determinata élite, inseguendo un disegno diametralmente opposto al futuro e al benessere del proprio popolo, facendo di menzogne e reticenze la cartina di tornasole del proprio operato. Tocca agli Italiani reagire, prima che sia troppo tardi.