(Di Sandro
Consolato – da “Il primato nazionale”)
E se il
“buono” per eccellenza dei nostri tempi, cioè l’europeo immigrazionista,
cristiano o laico che sia, fosse anche lui “razzista”?
Osserviamo le cose come stanno veramente, senza paraocchi. In coloro che
sostengono a spada tratta il diritto di chiunque a venire
in Europa (perché
di fatto è così: sostengono il diritto di CHIUNQUE a venire nel “vecchio
continente”) non c’è solo e sempre un rispettabilissimo e condivisibilissimo
senso di umanità (aiutare degli esseri umani a fuggire da guerre, carestie
ecc.), ma anche e soprattutto l’idea che il “nostro” sia in
assoluto un mondo migliore del
“loro”: un mondo che “loro” non sono stati e non sono in grado di costruirsi e
che solo “qui” possono attingere, divenendo “come noi”, divenendo “noi”.
Perché sì,
alla fine, questi maestri del “rispetto per l’altro”, l’altro
non lo rispettano affatto. Il loro sogno è vedere l’africano o
l’asiatico del tutto omologato al nostro sistema di vita, di consumo, di
credenze politiche e religiose. Per costoro la “diversità” che piace è la
kebabberia o la musica etnica, giusto per dare un po’ di colore esotico alle
nostre città, ma se solo ci spostiamo ad esempio sul piano religioso, piace
davvero questa “diversità”?
Limitiamoci alla “questione islamica”: i nostri “buoni” sono paladini della
costruzione di moschee, ma, cristiani o atei che siano, se vai ad ascoltarli
quando parlano “fuori onda”, loro verso l’Islam hanno solo
disprezzo: lo ritengono non meno della Fallaci una religione
barbarica, arretrata, e non vorrebbero mai e poi mai vivere in una società
islamica o islamizzata. Se sono “laici”, il loro sogno è che l’Islam conosca,
almeno qui in Europa, una sorta di “riforma protestante”, preludio di una
totale secolarizzazione, ovvero dell’approdo all’indifferentismo religioso. Se
sono “cristiani”, il loro sogno è che gli immigrati musulmani si accorgano finalmente
di quanto migliore sia la religione cristiana, che così benevolmente si è spesa
per la loro accoglienza, e quindi prendano la via della vera fede.
Tutti gli
immigrati, poi, islamici e non, alla fin fine solo a contatto con l’Occidente
conoscerebbero per la prima volta veramente la libertà, la democrazia, i
“diritti umani”: “Dobbiamo salvarli dai loro regimi!” ci vien
detto, infatti. Il che vuol dire che le loro terre sono sostanzialmente
incapaci di produrre i “diritti umani”, la democrazia ecc., tutte cose che
abbiamo inventato “noi”, e non “loro”, che quindi sono “inferiori”.
E così, si può
arrivare fino al paradosso di pensare che la donna africana non sarà mai
veramente una donna libera finché non passerà dall’infibulazione obbligatoria
al piercing vaginale liberamente scelto, segno della sua raggiunta
emancipazione. In conclusione, se ieri abbiamo voluto conclamare la “nostra”
superiorità, civile e religiosa, colonizzando e convertendo a forza i paesi
extraeuropei, oggi ribadiamo la “nostra”
superiorità allettando le masse afro-asiatiche con il nostro modello di civiltà e di benessere (peraltro in crisi, e
dunque difficilmente ripartibile in modo egualitario) e desiderando, “per
loro”, che tali masse siano “con noi” e “come noi”.
Il “diverso”,
l’ “altro” deve scomparire: ma non è “razzismo” questo?