venerdì 14 settembre 2012

USA: tra conflitti ed elezioni




Ancora una volta, proprio pochi giorni dopo l’anniversario dell’attacco al World Trade Center, il mondo intero si trova di nuovo di fronte ad un attacco al potere degli Stati Uniti; non sorprende per niente che, ovviamente, l’offensiva arrivi nuovamente dal mondo arabo, eterno nemico dello stile di vita “made in USA”.  Un atto terribile, su questo non c’è dubbio, ma quali sono davvero le cause di questa rivolta scoppiata quasi contemporaneamente in Libia, Egitto e Yemen? Le fonti ufficiali sostengono che la colpa sia da attribuire al lungometraggio “The Innocence of Muslims”, pubblicato su YouTube dal cristiano copto Nakoula Basseley, alias “Sam Bacile”: questo video, diffuso in rete, “racconterebbe” la figura del profeta Maometto ridicolizzandola e dando un immagine patetica e dissacrante del profeta islamico. Ancora una volta gli americani confermano di non avere alcun rimorso nel deridere, schiacciare
e dissacrare la fede altrui, ma questo ormai non fa più notizia. Ciò che è interessante è che questo video appare più come una scusa di facciata, piuttosto scadente tra l’altro. Questi espedienti ormai non ingannano più nessuno, e osservando attentamente la vicenda alcune “coincidenze” appaiono piuttosto forzate. Come mai un tale clamore proprio nel periodo delle ormai imminenti elezioni? La cosa puzza, e non poco: più che un caso sembrerebbe quasi una mossa strategica per mettere in luce le falle della politica democratica di Obama, che sicuramente sarà accusato di non esser riuscito a gestire il conflitto con gli alleati di Al Qaeda. Questa prospettiva, poco ma sicuro, fa piuttosto comodo al buon Romney, che non ha mai nascosto una politica interventista più dura contro le popolazioni interessate dal conflitto con gli US (in primis l’Afghanistan). A quanto pare, ancora una volta, l’imperialismo americano e i suoi rappresentanti sono disposti a sacrificare vite umane, anche se alleate, pur di ottenere quello che vogliono.
Inoltre va ricordato che gli Stati Uniti controllano la gran parte del business delle multinazionali: queste aziende sono indicate come grandi produttrici di armi, e ciò è lampante agli occhi di chiunque abbia un po' di buon senso. Quasi un anno dopo la “Primavera araba”, le armi tornano improvvisamente a essere prese in mano dai popoli in conflitto: gli interessi economici sono altissimi, e il dio denaro sembra ancora la ragione che convince qualche ricco politico che l’uccisione di innocenti sconosciuti sia un compromesso fattibile, se non addirittura vantaggioso.
Ciò che più allarma non sono, comunque, le cause dell’attentato: il vero problema saranno le conseguenze. Non è per niente inverosimile pensare, infatti, che le alte sfere di Washington lancino nuovi attacchi militari contro il Medio Oriente e l’Africa araba, accampando le rivolte alle ambasciate come giustificazione: già oggi Obama (che, va ricordato, è stato nominato Premio Nobel per la pace) ha inviato due navi da guerra verso la Libia. Un’occasione irrinunciabile per gli USA, che permetterebbe loro di ampliare ancora il proprio dominio capitalista, apparendo agli occhi della gente come “salvatori della democrazia”. Questo tipo di trucchetti, però, non ci inganna più: la minaccia jihadista non è un problema, non per il mondo occidentale. A quanto pare, però, qualcuno vuole che la gente la pensi diversamente..

[A. F.]