martedì 26 febbraio 2013

Arrendersi? Niemals!

Lo scenario post-voto per la cosiddetta area, per quei partiti e movimenti che si definiscono eredi della tradizione neo-archeo-post-fascista, è per usare un eufemismo apocalittico. La migliore rappresentazione di un esercito allo sbando, fiaccato dalla mancanza di un progetto a lungo termine, di coerenza tra strategia e tattica. Generali datisi alla macchia o venduti al nemico, caporali che si improvvisano ufficiali, le truppe disorientate e divise in varie colonne che più che contro il nemico si scagliano contro se stessi. Pensavano, pensavamo, di essere noi gli attaccanti e invece ci siamo trovati a difendere la nostra trincea elettorale e come nella migliore tradizione, lo facevamo senza equipaggiamento.

Quello che resta è un' ultima ridotta, un pugno di parlamentari, divisi tra PDL e Fratelli d' Italia. Ma non è da questi che dobbiamo ripartire, non da loro. Essi hanno messo in salvo loro stessi, ma pensare di incidere politicamente nella vita del futuro Parlamento è quantomai utopistico. Non si deve ripartire neanche dai nostri intellettuali patinati d'area: hanno dimostrato che quando va bene sono dei pessimisti cronici, accusatori degli altri prima che di se stessi. Sono anche loro le colpe se un movimento politico e culturale forte di 90 anni di storia non abbia saputo lasciare un segno di se dopo 20 anni di Governo, Consigli di amministrazione e Fondazioni.
Rifondare rifondare rifondare, in primis la struttura. In un momento del genere, con la politica nazionale piegata e delegittimata, resiste chi fa della conquista delle preferenze la sua battaglia. Le base è quindi già strutturata, grossomodo, in realtà locali (vedi i ragazzi di Torino o le realtà in Sicilia piuttosto che Casaggì, vedi Ariete stessa). Si tratta solo di mettere in piedi una rete leggera, una sorta di coordinamento piuttosto che un vero partito strutturato, per gestire questi nuclei militanti sul territorio. Va premiato il valore di appartenenza comunitario, non le filiere correntizie. Occorre sfruttare la balena azzurra, inserirsi nelle sue viscere, servirsi della sua visibilità per aggregare non sui simboli, ma sui valori. Essere non la ridotta dei reduci, ma la trincea d'assalto di conservatori, cattolici e comunitaristi!
Le nostre Idee siano le nostre bandiere. E le bandiere devono essere viste, baciate dal Sole per assolvere il loro scopo. Dobbiamo riscoprirci gramscisti, infiltrarci nei gangli vitali della Nazione; conquistare spazi, visibilità, altri spazi. Mischiamoci alla nostra gente, ascoltiamone la ansie e le paure, guidiamo da dentro i passi del Popolo. Osiamo. E allora, una volta fuori dalla trincea, le bandiere saranno inondate di luce..
Occorre poi cambiare l'approccio all'elettorato: il verticismo meridionalista ha punito le destre al Nord, fiaccate da un dirigismo esasperato, mentre le istanze più liberaleggianti hanno spaventato lo storico elettorato aennino, cioè la dipendenza pubblica e le forze dell'ordine.
 E' necessario ricostruire ex novo delle basi ideologiche. Il dato elettorale dimostra che non paga ne fare le gare di purismo, ne mischiare al nostro mondo istanze liberali; sul primo fenomeno non c'è neanche da spendere parole perchè certe percentuali si commentano da sole.
La seconda è una questione molto più interessante. Per Fratelli d' Italia, il partito che sembrava dover incarnare più di altri la tradizione della fiamma, l'aver imbarcato il buon, assolutamente preparato e serio, Guido Crosetto, con il suo livore contro i dipendenti pubblici, lo Stato leggero e le tresche con il sedicente laureato Giannino quanti voti ha portato? La Destra ha scordato la sua vocazione SOCIALE e ne è stata giustamente ricompensata; ma per questo non occorre ritirare fuori dall'armadio la nobilissima tradizione della sinistra prima del fascismo e poi missina. Basta guardare a quanti partiti si dichiarino portatori delle istanze della piccola e media impresa e tra questi ci sarà sempre qualcuno che, dal punto di vista meramente economico e di pancia, saprà meglio leggere quelle necessità. Serve quindi dare una profondità alle nostre proposte economiche, al taglio della spesa sostituiamo il taglio degli sprechi, al taglio dei servizi rispondiamo con uno Stato sociale più agile, situato a livelli quanto più possibile vicino al cittadino.
Lasciamo poi l'armamentario retorico ottocentesco e parliamo di piccole Patrie, unite nelle due grandi Patrie, quella storica, l'Italia, e quella di sangue, l' Europa.
Prendiamo infine esempio dalle altre destre europee: nazionali, ma legate alle autonomie. Popolari ma non stataliste. Legalitarie ma non giustizialiste. Coraggiose ma non dissennate.
Siamo all'anno zero. Le radici profonde c'erano e non gelano, ma anche per la quercia più possente arriva il momento di morire. La grande quercia della Destra italiana, quella nata quel lontano giorno di Marzo, è in cenere. Ma non lasciamo che le sue ghiande cadano senza dare frutto.