venerdì 23 gennaio 2015

La trappola dell’uguaglianza

Uno dei valori da frantumare è la credenza popolare secondo cui tutti gli uomini sono uguali; l’uguaglianza dunque come castrazione vitale, opposta a tutti gli impulsi vitali, a tutte le logiche, gli schemi, i cicli della natura: un sovvertimento della realtà, della verità. Il tentativo di appiattimento della volontà dell’uomo nell’era moderna del “progresso” si fa qui più forte, arrogante che mai – trappola degna delle mistificazioni più esilaranti degli ultimi secoli. Ma perchè trappola? Perchè il concetto è suasivo, ammiccante, dispone quel senso di solidarietà, di giustezza morale (ma non giustizia!), che conquista anche anime nobili, di bontà, ma questa è finta bontà, è ottusa bontà; in verità è solo un’idea moral-religiosa, perlopiù modernizzata, vale a dire un’idea misera, che non sorpassa il domani e neppure l’oggi – stringente per quelli a cui s’addice solo il posdomani.

L’uguaglianza va smascherata come fosse una cipolla; ogni velo che vi si sfila quantifica motivazioni a suo discapito, più si assottiglia maggiore sarà la consapevolezza dell’inconsistenza e dello sfruttamento cui è vittima, più si approfondisce più si svelerà la vera essenza del concetto, il marciume nel cuore: un’inaudita menzogna. E le menzogne cosa sono se non un mezzo? Ed è il mezzo che legittima il fine come c’insegna Machiavelli: controllo, in questo e nella maggior parte dei casi – la resa passiva di un gregge che deve restare unito senza sapere dove e perchè va. Va considerato il fatto che i valori della società moderna si basano tutti sulla menzogna: essi vanno dunque fiutati, analizzati, compresi e poi martellati.L’origine di simile degenerazione non può che rinvenirsi nell’azione millenaria della Chiesa, che proclamando “l’eguaglianza delle anime davanti a Dio” sconquassa la fisiologica, meravigliosa, diversità, divinità, della natura: ogni essere è infatti unico, questo sì, grazie a Dio. Il concetto poi si rafforza e si estende con Lutero, e modernizzandosi pian piano diviene principio di decadimento di ogni ordine sociale, giungendo a noi, infine, come palliativo del Potere.
L’uguaglianza come è oggi considerata dal gregge acquista un quantum, una consistenza specifica: “tu vali quanto me” è il manifesto. Si ha l’immaginaria convinzione di valere un qualcosa (ancora, materialismo) e che questo qualcosa sia poi identico per tutti; ma ciò in relazione a che? Ovviamente rispetto alla società. Il principio difatti vige come canone legislativo, giurisprudenziale, civile, comunque rispondente alla legalità, alla stratificazione sociale (l’art.3 della Cost. è chiarissimo); viene sbandierato come uno dei principi cardine nelle attuali democrazie, uno dei tanti obiettivi raggiunti (ci fanno rientrare anche libertà, tolleranza, ecc.) dalla “civiltà” moderna con la stipula delle Carte dei diritti fondamentali – che poi il fatto stesso di sottoscriverli come “diritti” li riduce a mere didascalie: deve essere redatto, ufficializzato, il ‘diritto’ alla libertà? E’ la scaturigine dell’omologazione massifica: l’eguaglianza dei sessi, delle razze, delle religioni, delle opinioni politiche, delle lingue.. tutte fantasmagoriche ipocrisie insegnateci, inculcateci, educateci dall’asilo alle università. E, per le anime benevoli, già in tal accezione risulta in un qualsiasi modo o ambito rispettato? – L’unico senso realmente concreto, corretto ed utile, sarebbe quello di concedere a ciascun essere umano le possibilità proprio per sviluppare la sua unicità, diversità, le sue potenzialità: e bene, oltre a non esser così inteso, sappiamo come oggi siamo ben lungi dal poterlo applicare. Ma qualcuno potrebbe adirarsi ed opporre: “se altrimenti venisse rispettato? Sarebbe buono e giusto!”; premesso che nel Sistema (basato sulla truffa del debito – e suona: menzogna!) esso non potrà mai vivificarsi (e in ciò si conclude la risposta), il principio non trova applicazione concreta, e non potrà mai trovarla poiché è profondamente mistificatorio, contronatura. Esso rimarrà, sinché rimarrà, un principio astratto ed oltremodo falso – la questione è piuttosto complicata. In un modo infatti esso viene riprodotto, azionato, in una maniera per così dire “concreta”, appunto come anestetico per il gregge che deve seguire cani e pastore; esso va a radicarsi, partendo da presupposto morale (come detto, origine cristiano-cattolica), come dogma inconscio nella coscienza: se tutti siamo uguali, le idee, i metodi, l’acume, la sottigliezza, la precisione, tutto si assolutizza nella relatività, tutto viene fagocitato nel condizionale, nell’incertezza, nel piattume (pattume?) dell’uguale, nella resa passiva appunto; chi può oggi stabilire in un dialogo chi dica la verità e chi una fesseria? Rimarranno due opinioni dall’ugual peso – per il gregge. La rappresentazione televisiva nel flusso alienante dell’indistinto ne è la dimostrazione evidente, chiarificatrice. Essa rispecchia infatti il dialogo medio, se così può chiamarsi, tra due soggetti. La verità non esiste, o, meglio, tutto è verità e dunque niente è più verità – conseguenza? Il caos regna tirannico.Il concetto scatena inevitabilmente ogni risentimento profondo verso chi è più forte, più creativo, più intelligente, che ha più doti, capacità, potenzialità, (oggi degenerato addirittura nel vero e proprio odio verso la sola diversità) – colui che oggi contraddice viene infatti tacciato con le peggiori accuse e ingiurie, da estremista a fanatico, omofobo, xenofobo, antisemita, ecc. – devi restare nel gregge!

Insomma una vera e propria ascia di guerra contro il verde germoglio dell’essenza, un pesticida contro il seme della vita, contro la prosperità, l’evoluzione, la trasversalità, un tentativo di tabula rasa contro le infinite sfumature dell’esistenza, contro gli infiniti ricami e arzigogoli dell’imperturbabile ed eterna maglia di ferro che è il Tutto. Un parassita concettuale chè inficia sulla più recondita psicologia umana, sulle più celate paure; è il capovolgimento della legge naturale, che è legge di selezione: la potenza sterilizzata dall’impotenza, la trascendente diversità dell’essere appiattita nell’informe omologazione standardizzante. Farà piangere molti, questa cipolla, strato dopo strato, velo dopo velo, ma giunti al cuore, il nauseante fetore del marcio che esalerà non lascerà dubbi di sorta: ogni essere                                                                     è unico, grazie a Dio!
(Di Lorenzo Lipparelli - Da "L'intellettuale dissiente")