mercoledì 11 febbraio 2015

Economia, tra scienza naturale e disciplina umanistica

Dalla nascita dell’Homo Sapiens, l’economia, intesa come gestione delle risorse del pianeta (per gestione si può intendere un processo di 3 fasi: estrazione, trasformazione, e ridistribuzione delle risorse), ha sempre svolto un ruolo fondamentale per la vita dell’uomo. La gestione delle risorse è sempre stata, storicamente, direttamente correlata alla cultura, alla organizzazione sociale, e a tutte le peculiarità delle varie popolazioni nel mondo. Insomma, i molteplici “modelli economici” della storia erano il riflesso, come detto in precedenza, della diversità delle varie realtà sociali esistenti.

 In un saggio pubblicato nel 2009, Jerome Kagan, psicologo americano, suddivise le scienze in tre categorie: le scienze naturali, le scienze umanistiche e le scienze sociali. Le scienze naturali si occupano dello studio del mondo naturale. In questa categoria troviamo la biologia, la fisica e la chimica, per esempio. L’approccio usato nelle scienze naturali è chiamato nomotetico (termine coniato dal filosofo tedesco Wildenband verso la fine del XIX secolo). L’approccio nomotetico è caratterizzato dalla ricerca di leggi generali, all’identificazione di regolarità, le quali, attraverso la sperimentazione di un caso particolare, possano essere applicate per descrivere tutti i fenomeni uguali all’esperimento. Le scienze umanistiche, invece, si occupano dello studio della cultura umana nel corso della storia. Il termine cultura è molto vasto e racchiude tutti gli eventi, artefatti ecc. derivanti dalla creatività umana. Esempi di scienze umanistiche sono la storia, la filosofia, la storia dell’arte, letteratura e molte altre. L’approccio usato per lo studio di questo discipline è chiamato idiografico (Wildenband). Esso è l’opposto dell’approccio nomotetico: invece di cercare leggi generali applicabili universalmente, l’approccio idiografico guarda alla specificità, tiene conto della contingenza degli eventi e dell’imprevedibilità della creatività dell’uomo. Infine, le scienze sociali, nate più recentemente, verso la fine del XVIII secolo, il cui fondatore fu Comte, filosofo e sociologo francese. Tra le scienze sociali ci sono la sociologia, l’antropologia e l’econonomia, per esempio. L’approccio usato nelle scienze sociali è una via di mezzo tra l’approccio nomotetico e quello idiografico. L’economia, per esempio, è costantemente alla ricerca del miglior modello economico, e quindi di leggi universali da applicare dappertutto e sempre. È chiaro però che l’economia non può rientrare nella categoria delle scienze naturali, poichè gli agenti di questa scienza sono gli esseri umani, che, nella loro diversità e complessità non sono riducibili a formule matematiche.

Questo articolo è un appello a recuperare la dimensione umanistica dell’economia. Separatasi sempre di più dalle altre discipline (storia, sociologia, antropologia), l’economia è ormai diventata come una scienza naturale. I modelli economici si sono trasformati da possibili alternative al servizio della società in dogmi da rispettare a tutti i costi (le politiche di austerità in Europa, per esempio). La cosa più tragica di tutto questo è che oggi, di modelli economici applicati nel mondo, ce n’è soltanto uno: quello liberista. Attraverso la naturalizzazione del libero mercato capitalistico, ovvero la percezione che esso sia il migliore e l’unico possibile (cosa peraltro già sottolineata da Marx nel XIX secolo), l’economia è diventata una scienza composta da leggi che non possono essere messe in discussione e che vanno seguite ed applicate in ogni parte del mondo. Questo fenomeno non è casuale. Esso, infatti, va visto nell’ottica di una nuova forma di legittimazione dell’espansione del capitalismo su scala globale. È fondamentale che la politica smetta di adeguarsi alle “universali” leggi dell’economia, e che torni a dirigerla. In poche parole, è necessario che la politica torni ad avere un primato sull’economia. Quando questo accadrà, scenari completamente nuovi si potrebbero aprire per risolvere gli infiniti problemi del mondo. L’economia deve tornare ad avere un aspetto interdisciplinare (ovvero tenere conto della peculiarità di ogni cultura, e quindi fondersi in continuazione con materie come le già citate storia, sociologia, antropologia ecc.), puntare legittimamente alla formulazione di un modello economico “ideale”, tenendo sempre in considerazione forse l’unico principio che si può ritenere universale nelle scienze: che esse siano al servizio dell’umanità intera, e non a quello di una ristretta cerchia di persone o fini a se stesse.

(Di Tommaso Segantini – Da “L’intellettuale dissidente”)