giovedì 19 febbraio 2015

Maestri del Comunitarismo europeo: J.R.R. Tolkien

Essere in grado di leggere la realtà in cui viviamo è un privilegio di pochi. Le nozioni non bastano, servono solo ad illudere di aver compreso tutto, occorre piuttosto cercare di indagare a fondo l’essenza dell’uomo.
Lo scrittore inglese Tolkien, soprattutto nel suo romanzo “Il Signore degli Anelli” offre una straordinaria metafora di quello che è il mondo reale, al punto che la classificazione nel genere fantasy gli si addice relativamente.

Che la corruzione sia un’arma letale di un potere da combattere è risaputo, ma quest’opera non è una semplice avventura a lieto fine, rappresenta piuttosto l’eterna lotta tra la vera bellezza e il materialismo, tra il bene e il male, liberati da ogni relativismo, e la vittoria di una Comunità contro la forza della corruzione, il tutto in un messaggio profondamente cristiano, come cattolico era del resto lo scrittore britannico.
Durante il racconto, troviamo episodi o analogie della vita quotidiana che dimostrano che sono proprio i piccoli gesti a fare la differenza in positivo e consolidare i rapporti interpersonali in una visione comunitaria della vita. Vi sono anche comportamenti significativi che rivelano tutta l’umanità di chi si trova di fronte ad un bivio: penso ad esempio alla humana pietas di Bilbo quando, durante il viaggio raccontato in modo più approfondito nel libro “Lo Hobbit”, pur rischiando di cadere in tentazione, si rifiuta di uccidere Gollum, essere avido e vittima del potere dell’anello che in quella circostanza si trovava in una situazione di svantaggio, o a Boromir, che, dopo un momento in cui il male si è impossessato della sua anima, riscatta il suo onore andando incontro alla morte.
Fondamentale, però, è la concezione della vita espressa nel libro: possiamo lasciare che il male avanzi, oppure possiamo dedicare la nostra esistenza a combatterlo. È proprio quest’ultima la scelta che dobbiamo compiere per riscoprire noi stessi. “Non tocca a noi dominare tutte le maree del mondo, il nostro compito è di fare il possibile per la salvezza degli anni nei quali viviamo, sradicando il male dai campi che conosciamo, al fine di lasciare a coloro che verranno dopo terra sana e pulita da coltivare. Ma il tempo che avranno non dipende da noi”, è forse la frase più emblematica. Il male infatti non cesserà di esistere per sempre, la nostra missione è piuttosto rendere fertile la terra per i nostri eredi. I valori guerrieri, sui quali molti amano concentrarsi, sono solo un mezzo (“Non amo la spada per la sua lama tagliente, né la freccia per la sua rapidità, né il guerriero per la sua gloria. Amo solo ciò che difendo”), forse anche un mezzo secondario, dato che quello primario è la Comunità: non scordiamoci infatti che i principali protagonisti dell’impresa sono dei piccoli hobbit, e i fattori decisivi risultano essere la fedeltà, la generosità e l’incorruttibilità, in particolar modo di Sam. Non c’è spazio per gli individualismi, e l’esempio di Saruman è lampante: l’invidia e i sentimenti negativi infatti finiscono per offuscare totalmente la sua anima, fino a farlo schierare contro i protagonisti.
Tolkien ci ricorda poi che non tutto può essere compiuto da soli e senza esperienza, dimostra piuttosto come sia importante seguire un’autorità terrena (rappresentata da Gandalf), ma anche un condottiero sul campo (Aragorn): messaggio significativo in una società in cui l’autorità viene spesso identificata con il potere delegittimato ed oppressivo da combattere. Essa si può trovare piuttosto nella figura del saggio (dell’Anziano), oggi troppo spesso trascurata.
Venir meno al nostro compito, quindi, significa abbandonare la strada del bene lasciando inesorabilmente spazio al male, che fa della corruzione degli animi la sua arma più potente. Solo una piena consapevolezza di questo potrà favorire una grande alleanza tra gli uomini e di conseguenza salvare i popoli della Terra di Mezzo, del nostro mondo insomma.
Non possiamo più permetterci di dimenticare qual è il nostro scopo, chi siamo e da dove veniamo: le radici profonde non gelano.


(Di Lorenzo De Bernardi – Da “Millennivm.org”)