mercoledì 4 marzo 2015

La militanza, ultimo rifugio degli uomini liberi

Di questi tempi, nei quali il rapporto commerciale si è infiltrato in tutti gli interstizi della nostra vita, nei quali anche i rapporti umani sono determinati da contratti più o meno taciti, esiste ancora, nonostante tutto, una forma d'impegno che non ubbidisce alla legge dell'usuraio e del debitore.

 Questa forma d'impegno bisogna saper coglierla prima che la stagione che non tornerà, quella della gioventù, sia passata. Se la vita di un uomo o di una donna è costituita di tappe di crescita che formano e che costruiscono gli adulti che saranno domani dei genitori, ce n'è una che non è iscritta, come lo è l'adolescenza nell'evoluzione naturale di tutti gli esseri umani; questo periodo, ognuno è libero di viverlo o di allontanarsene e lasciarlo andare senza parteciparvi.

Quando si ha la forza e la fuga della giovinezza, si può scegliere d'impegnarsi e di essere attore, oppure di essere uno spettatore della propria vita. Decidere della direzione verso la quale si vuole orientare la propria esistenza oppure lasciare agli altri decidere per sé e subire senza dire nulla se non, come lo si sente spesso dire dai più vecchi che non hanno colto l'occasione d'investirsi ai loro tempi: "E' così".
E invece no, non c'è nessuna fatalità, ma solo scelte, decisioni e rischi presi che fanno sì che il mondo e l'esistenza prendano tale o tal'altra direzione.
L'impegno, questa promessa fatta agli altri ma anche a se stessi, di non subire più, di non rimanere più seduti, di trovare in sé la determinazione e la forza che accompagnerà la volontà per finalmente costruirsi da sé e non essere più il prodotto di un’epoca, un semplice esemplare di una serie, uguale dal primo all'ultimo. Si trova lì la vera libertà, non quella che ci viene imposta dalla società e che dovremmo accettare senza lamentarci perché "potrebbe andare peggio".

Dov'è la libertà se viene predefinita e inquadrata da persone che guardano la vita attraverso cifre e rapporti economici? No, la libertà vera quando si è giovani è quella d'investirsi, di militare e di dare al di là di sé per far sì che ciò che vogliamo veder profilarsi come un nuovo orizzonte possa prender forma.
Questa libertà non ha prezzo, ma ha un valore, quello dello sforzo e della volontà, del dono del proprio tempo, della propria persona ad una comunità, insieme ad altri giovani che hanno ugualmente deciso di politicizzare la loro rabbia contro un mondo che schiaccia gli uomini e che, dopo averli annientati, dice loro che sono uguali.
Il valore della fiducia dei propri camerati si guadagna con il tempo ; gli stessi camerati hanno a cuore di avere la fiducia del resto del gruppo : è un meccanismo efficiente che non ha bisogno né di contratto né di firma ma che funziona grazie alla parola data e alla volontà di ciascuno  di andare al di là di sé per il bene di tutti.

Nel momento in cui le illusioni di gioventù della generazione del piacere e del consumismo spariscono come neve al sole, è ancora possibile esistere senza essere obbligato a piegarsi ai diktat di coloro che decidono in quale scomparto, tra disoccupazione e droga, far entrare la gioventù. Basta volerlo, voler diventare un soldato al servizio del proprio futuro. E' questo un militante: un soldato che combatte nella guerra di oggi per la pace di domani. La più grande battaglia è sempre quella che si conduce contro sé stessi. Un militante è anche un costruttore che, come coloro che hanno edificato le cattedrali e le fortezze, posa le pietre di un edificio che forse non vedrà mai finito, ma che senza di lui non avrebbe fondamenta.
Oggi, è quindi di costruttori che il mondo che si sta creando ha bisogno, di uomini liberi che decidono di venire a porre le prime pietre di un edificio che resterà attraverso il tempo. La militanza è il rifugio di questi soldati e di questi costruttori, il rifugio degli ultimi uomini liberi.