(Di
Sebastiano Caputo – da “L’intellettuale dissidente”)
L’universo
politico ottocentesco che si rifece alla dottrina marxista nacque su basi
fortemente comunitarie e anti-utilitariste. La nazione, la fabbrica, la logica
del dono, ma anche la società patriarcale fondata sulla tradizionale famiglia
operaia, rappresentavano in Europa quelle conformazioni sociali che legavano le
persone fra loro. Si pensi ai manifesti elettorali degli anni Trenta del
Partito Comunista Francese, raffiguranti due genitori con in braccio una
bambina e accanto lo slogan: “per difendere la famiglia votate PCF!”. Eppure
questo sistema “della comunità alla base del popolo socialista” è imploso nella
seconda metà del Novecento con il progressivo tradimento di un’iperclasse
post-comunista convertitasi ai principi del liberalismo e del cosmopolitismo.
Dalla falce e il martello al caviale con lo champagne. È la triste parabola dei
partiti comunisti europei che in meno di quarant’anni hanno trasformato la loro
vocazione popolare in un aperitivo “pop” riservato a pochi eletti.
C’è
un sociologo marxista chiamato Michel Clouscard (1928-2009), all’epoca vicino
al Partito Comunista Francese di Georges Marchais, che ha cercato di
ricostruire la trasformazione del capitalismo – che nelle società occidentali
da repressivo e borghese, è diventato permissivo, ribellistico e consumista –
in relazione alle forze politiche contemporanee. In Italia le sue opere non
sono state tradotte tuttavia il primo saggio che prova a raccontare il suo
pensiero vedrà le stampe entro la fine dell’anno e sarà curato da Lorenzo
Vitelli, giovane scrittore ed editore. Clouscard nel saggio Neofascismo e
ideologia del desiderio intravede nel Sessantotto il cavallo di Troia del
capitalismo il quale ha conquistato nuove fette di mercato (“mercato del
desiderio” e “consumismo di massa”), nella misura in cui l’ideologia libertaria
(liberalizzazione dei costumi e della morale) incarnata dalla figura di Daniel
Cohn Bendit, anti-gollista della prima ora, noto pedofilo, euro- parlamentare
dei Verdi francesi e icona dei progressisti europei, è diventata la stampella
dell’economia liberale.
Di
fronte a queste trasformazioni sociali e, in una logica elettoralistica e
consensuale, i partiti comunisti europei hanno di fatto abbandonato la
dialettica dei diritti sociali per impugnare quella dei diritti civili delle
minoranze. Negli ultimi quarant’anni, per oscurare la violenza neo-liberale, le
classi socio-lavorative maggioritarie (forze produttive della comunità
nazionale) quali operai, agricoltori, allevatori, artigiani, disoccupati,
cassintegrati, pensionati, hanno lasciato spazio a nuove categorie minoritarie,
sovra-mediatizzate e prive di significato in termini di rapporti di produzione.
Per riempire questo vuoto culturale, la “nuova sinistra” è passata dalla
battaglia femminista degli anni Settanta culminata con le quote rosa, alla
difesa degli immigrati e dell’ambiente, vedi la nascita dei Verdi, negli anni
Ottanta, fino all’esportazione dei “diritti umani” negli anni Novanta con il
sostegno incondizionato alle “missioni di pace” statunitensi, dalla guerra in
Afghanistan alla Libia, per poi, nel 2015, militare a favore dei diritti degli
omosessuali e per l’insegnamento dei gender studies nelle scuole. Eccetto
qualche sussulto di “benicomunismo” come nel 1980 quando di Georges Marchais,
allora segretario del Partito Comunista Francese, affermava pubblicamente di
voler bloccare “l’immigrazione clandestina e ufficiale” perché riteneva
“inammissibile fare entrare nuovi lavoratori immigrati in Francia, quando Paese
conta circa due milioni di disoccupati francesi e immigrati”, la galassia
post-marxista europea si è convertita in maggioranza al “liberalismo-
libertario”.
Per
dirla con Jean Claude Michéa, altro filosofo francese che ha smascherato il
tradimento del popolo da parte della sinistra, il nuovo proletariato, che va
dall’operaio al piccolo imprenditore che detiene i mezzi di produzione, si è
trasformato per chi diceva di esserne portavoce naturale, in una classe
considerata reazionaria, provinciale, becera, omofoba, oscurantista,
analfabeta, xenofoba, perché ostile a quei valori del liberalismo culturale
tanto cari ai salotti del Progresso, del Cambiamento e dell’Uguaglianza.