« C'e una lotta di classe, ovviamente, ma è la mia, la classe dei ricchi che conduce la lotta. E la stiamo vincendo”
Warren Buffett
Contrariamente a quanto ribadiscono i liberali di ogni tipo che costituiscono la quasi totalità della classe politica contemporanea (dei liberal-conservatori (sic) ai post-socialisti governativi fino ai liberal-sovranisti et altri centro-liberali), la “lotta di classe” non è affatto una nozione scaduta, un concetto anacronistico da sistemare nei museo delle vecchie ideologie rancide antecedente alla meravigliosa “fine della storia”. Nel contesto di crisi globale che conosciamo, è al contrario totalmente attuale e assolutamente acuta. Ha semplicemente cambiato forma. Si conduce oggi a doppio fronte e il suo cursore interno si è spostato. La lotta di classe del 2016 non è ovviamente la fedele e esatta replica di quella del 19esimo secolo, di Thiers e dei maestri delle fucine di fronte al socialismo francese proudhoniano a al marxismo rivoluzionario, ma rimane una realtà centrale e conosce anche una importantissima intensità oggi, al momento in cui, in Francia, il Medef (equivalente francese di Confindustria) e i suoi domestici governativi vanno all'assalto del Codice del Lavoro, e quando, su scala globale, una manciata di miliardari accaparrano una parte sempre più importante dei beni e delle ricchezze del pianeta.
Doppio fronte quindi, perché oggi, il lavoratore deve fare fronte a due nemici quasi temibili l'uno quanto l'altro (anche se il primo è strumentalizzato e guidato dal secondo) :
1. Il lumpen proletariato d'importazione straniera allo scopo di rompere i modelli sociali avanzati e di fare pressione al ribasso sugli stipendi e le rivendicazioni sociali, rompendo l'omogeneità minima necessaria alla “decenza comune”.
2. I finanziatori internazionali e i datori di lavoro “senza terra”, i dirigenti di multinazionali senza altro affetto che il rendimento puro e l'accumulo di Capitale, gli azionisti senza fede né legge, ossessionati dal loro interesse pecuniario, gli oligarchi senza doveri, collocati al di là delle leggi che dettano poi manipolano.
Cambiamento di cursore anche, poiché oggi, una grande parte dei datori di lavoro e della borghesia si trovano dalla stessa parte della barricata (o per lo meno dovrebbero trovarsi...) degli operai e degli impiegati, condividendo indubbiamente interessi comuni e facendo fronte agli stessi nemici (deregulation, concorrenza selvaggia, dumping sociale, abusi di situazioni di monopolio...). È evidente che gli artigiani, come i padroni di piccole e medie imprese, condividono molto più le preoccupazioni, aspirazioni, e difficoltà dei loro dipendenti e dei lavoratori precari o disoccupati, che con i grandi manager del CAC 40 o dei traders internazionali per i quali non sono altro che delle variabili di aggiustamento in seno a vasti piani di rimunerazione degli azionisti.
La lotta di classe, non è più quindi “il padrone contro l'operaio” ma “il lavoratore contro il parassita (dell'alto come del basso)”., “il creatore contro l'usurai”, “l'artigiano contro il banchiere”, “l'imprenditore contro l'azionista”, “il contadino contro Monsanto”.. Sono le classi lavoratrici - dal proletariato alla media borghesia - classi sedentari e radicate, contro i nomadi dell'iper-classe globalizzata e il lumpen-proletariato apolide.
Ecco perché, se è necessario combattere l'iper-finanza e i suoi cani da guardia del Medef, se è vitale ridurre le disuguaglianze ad una proporzione decente, giustificata e accettabile per ognuno, sarebbe vano e anche mortale, sprofondare in un “operaismo” angelico o una “caccia ai ricchi” (che bisognerebbe già definire...) nel quadro di una visione dei rapporti sociali ed economici totalmente obsoleta e improduttiva, una visione sclerotizzata ed impotente nella quale finiscono per seppellirsi sindacati di prebendari e di professionisti della connivenza.
Così, non soltanto è urgente ed indispensabile tassare le transazioni finanziarie internazionali, fissare limiti a premi e remunerazioni indecenti e altri “paracaduti d'oro” di alcuni alti dirigenti, criminalizzare i “padroni-delinquenti” (delocalizzazioni selvaggi, impiego di mano d'opera clandestina...) e attuare una politica di aumenti degli stipendi, bisogna anche rifondare il regime sociale dei commercianti e liberi professionisti, alleggerire la fiscalità delle piccole e medie imprese come gli arcani amministrativi che ostacolano la creazione imprenditoriale, valorizzare la figura dell'imprenditore come elemento fondamentale della comunità, assicurare un protezionismo economico europeo e la difesa dei nostri “know-how”, dei nostri brand, delle nostre tecniche e dei nostri patrimoni.
In breve, bisogna promuovere un'economia organica e localista, concentrata sulla prossimità e l'implicazione di tutti i suoi attori, la partecipazione e la giusta rimunerazione di ognuno, sotto il controllo di uno Stato forte, garante e arbitrio, ma che lascia applicarsi la più completa sussidiarietà e il rispetto dell'iniziativa privata finché non contravviene all'interesse generale.
Verrà, forse allora, il tempo della pace di classe.
Doppio fronte quindi, perché oggi, il lavoratore deve fare fronte a due nemici quasi temibili l'uno quanto l'altro (anche se il primo è strumentalizzato e guidato dal secondo) :
1. Il lumpen proletariato d'importazione straniera allo scopo di rompere i modelli sociali avanzati e di fare pressione al ribasso sugli stipendi e le rivendicazioni sociali, rompendo l'omogeneità minima necessaria alla “decenza comune”.
2. I finanziatori internazionali e i datori di lavoro “senza terra”, i dirigenti di multinazionali senza altro affetto che il rendimento puro e l'accumulo di Capitale, gli azionisti senza fede né legge, ossessionati dal loro interesse pecuniario, gli oligarchi senza doveri, collocati al di là delle leggi che dettano poi manipolano.
Cambiamento di cursore anche, poiché oggi, una grande parte dei datori di lavoro e della borghesia si trovano dalla stessa parte della barricata (o per lo meno dovrebbero trovarsi...) degli operai e degli impiegati, condividendo indubbiamente interessi comuni e facendo fronte agli stessi nemici (deregulation, concorrenza selvaggia, dumping sociale, abusi di situazioni di monopolio...). È evidente che gli artigiani, come i padroni di piccole e medie imprese, condividono molto più le preoccupazioni, aspirazioni, e difficoltà dei loro dipendenti e dei lavoratori precari o disoccupati, che con i grandi manager del CAC 40 o dei traders internazionali per i quali non sono altro che delle variabili di aggiustamento in seno a vasti piani di rimunerazione degli azionisti.
La lotta di classe, non è più quindi “il padrone contro l'operaio” ma “il lavoratore contro il parassita (dell'alto come del basso)”., “il creatore contro l'usurai”, “l'artigiano contro il banchiere”, “l'imprenditore contro l'azionista”, “il contadino contro Monsanto”.. Sono le classi lavoratrici - dal proletariato alla media borghesia - classi sedentari e radicate, contro i nomadi dell'iper-classe globalizzata e il lumpen-proletariato apolide.
Ecco perché, se è necessario combattere l'iper-finanza e i suoi cani da guardia del Medef, se è vitale ridurre le disuguaglianze ad una proporzione decente, giustificata e accettabile per ognuno, sarebbe vano e anche mortale, sprofondare in un “operaismo” angelico o una “caccia ai ricchi” (che bisognerebbe già definire...) nel quadro di una visione dei rapporti sociali ed economici totalmente obsoleta e improduttiva, una visione sclerotizzata ed impotente nella quale finiscono per seppellirsi sindacati di prebendari e di professionisti della connivenza.
Così, non soltanto è urgente ed indispensabile tassare le transazioni finanziarie internazionali, fissare limiti a premi e remunerazioni indecenti e altri “paracaduti d'oro” di alcuni alti dirigenti, criminalizzare i “padroni-delinquenti” (delocalizzazioni selvaggi, impiego di mano d'opera clandestina...) e attuare una politica di aumenti degli stipendi, bisogna anche rifondare il regime sociale dei commercianti e liberi professionisti, alleggerire la fiscalità delle piccole e medie imprese come gli arcani amministrativi che ostacolano la creazione imprenditoriale, valorizzare la figura dell'imprenditore come elemento fondamentale della comunità, assicurare un protezionismo economico europeo e la difesa dei nostri “know-how”, dei nostri brand, delle nostre tecniche e dei nostri patrimoni.
In breve, bisogna promuovere un'economia organica e localista, concentrata sulla prossimità e l'implicazione di tutti i suoi attori, la partecipazione e la giusta rimunerazione di ognuno, sotto il controllo di uno Stato forte, garante e arbitrio, ma che lascia applicarsi la più completa sussidiarietà e il rispetto dell'iniziativa privata finché non contravviene all'interesse generale.
Verrà, forse allora, il tempo della pace di classe.